“La concussione “codificata” è sempre concussione …” Cass. sez. VI, 25 marzo - 14 aprile 2009, n. 15690.
Per l'integrazione del delitto di concussione non è necessario che l'abuso della qualità o dei poteri da parte del pubblico ufficiale determini uno stato soggettivo di timore per la vittima, ma è indispensabile che sussista una volontà prevaricatrice e condizionante in capo al pubblico ufficiale che si estrinsechi in una condotta di costrizione o di induzione qualificata, ossia prodotta con l'abuso della qualità o dei poteri, la cui efficacia causativa della promessa o dazione indebita ben può affidarsi a comportamenti univoci per il contesto ambientale e che altrimenti risulterebbero penalmente insignificanti, sfruttando il riferimento alle regole “codificate” nel sistema di illegalità imperante nell'ambito di alcuni settori di attività della pubblica amministrazione.
Da un lato vi è un soggetto che svolge un incarico pubblico e gestisce - in ragione di tale incarico - la dazione di un bene assolutamente primario, come la casa, secondo norme di legge. Dall'altra vi è un soggetto - la persona in graduatoria - che per definizione non ha possibilità di ottenere la propria casa “adeguata” rivolgendosi al pubblico mercato. Si tratta di una relazione intersoggettiva all'evidenza squilibrata, in ragione del potere del primo e delle aspettative su bene primario del secondo, nella quale l'abuso di posizione del primo e la richiesta illecita di somme per legge non dovute configurano quel concreto influsso sulla volontà della vittima della condotta - condizionandone la libertà morale - che caratterizza il delitto di concussione, anche a prescindere dal fatto che la vittima sia stata o meno effettivamente intimorita e o indotta solo in forza del potere o della qualità . Manifestamente illogico, a giudizio del Collegio, è pertanto ritenere che se tale illecita richiesta, consentita dall'abuso dell'incarico pubblico acquisito, costituisce prassi diffusa e nota su un territorio, l'accettazione di tale richiesta vada considerata come manifestazione di libera scelta del singolo, quando non addirittura come forma di partecipazione dell'accettante al mercimonio dell'incarico pubblico per comune finalità truffaldina in danno dell'ente pubblico.
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