Violazione di legge e imparzialità - Consiglio di Stato, sez. V - sentenza 1 aprile 2009 n. 2070.
L’art. 295 c.p.c., in materia di sospensione necessaria del processo, risponde all’esigenza di scongiurare il prodursi di giudicati contrastanti; nondimeno la norma, specialmente all’indomani dell’introduzione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, va interpretata restrittivamente e circoscritta nell’applicazione ai soli casi in cui sia effettivamente impossibile addivenire ad una pronuncia sul merito della lite in mancanza della preventiva definizione di una res iudicanda rimessa ad un giudice differente. Prima di sospendere il processo ogni giudicante è quindi tenuto a verificare, con attento rigore, se effettivamente non esistano i presupposti per una rapida conclusione del giudizio attraverso l’immediata decisione della controversia.
Sebbene infatti l’art. 295 c.p.c. sia applicabile anche al processo amministrativo e pure nell’ipotesi in cui le controversie avvinte dal nesso di pregiudizialità pendano in differenti gradi di giudizio, è fuor di dubbio che la previsione non sia richiamata espressamente dalle norme del rito e, quindi, ben può il giudice amministrativo discostarsene, allorquando sussistano altri, più duttili strumenti (come, ad esempio, il rinvio della discussione), per conseguire il medesimo risultato avuto di mira dal Codice di procedura civile.
In base al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, corollario a sua volta del più generale principio della domanda, sussiste l’obbligo del giudice, anche amministrativo, di esaminare i motivi di ricorso secondo l’ordine stabilito dalla parte in relazione al grado decrescente di soddisfazione del proprio interesse al bene della vita perseguito nel caso concreto; tale vincolo, tuttavia, per il giudicante cessa di fronte all’eventuale contrasto delle richieste di parte con le predominanti regole della logica processuale.
L’imparzialità dell’azione amministrativa è uno dei tre fondamentali pilastri (insieme alla legalità ed il buon andamento) sui quali poggia l’intero statuto costituzionale dell’Amministrazione italiana. Icasticamente può quindi affermarsi che l’Amministrazione o è imparziale o non è.
All’attività della P.A. è immediatamente applicabile il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., il quale costituisce idoneo parametro normativo di valutazione della legittimità dell’attività amministrativa, trattandosi di una declinazione, sul versante ordinamentale, del principio di uguaglianza, scolpito dall’art. 3 della Costituzione. Del principio di imparzialità sono dunque predicabili l’immanenza e la pervasività, di guisa che la violazione del canone costituzionale può venire in rilievo anche in fattispecie sprovviste di tipizzazione normativa.
Il vizio di violazione di legge per lesione dell’imparzialità si caratterizza sotto un duplice profilo: a) per un verso, esso conosce una soglia di "tutela anticipata"; b) per altro verso, esso, ricorrendo alcune circostanze, può invalidare un atto e, talora, un più ampio plesso di attività amministrativa, incidendo ab externo sulla fattispecie procedimentale, pure indipendentemente da un rapporto di presupposizione tra provvedimenti; pertanto, non è necessario allegare e comprovare che il rischio di parzialità si sia effettivamente concretato in un risultato illegittimo, bastando invece che il prodursi del vulnus del bene giuridico tutelato e, con esso, la correlata diminuzione del prestigio dell'Amministrazione, si prospetti quale mera eventualità.
La contemporanea titolarità in capo ad un medesimo soggetto della carica di presidente del collegio sindacale della stazione appaltante e di componente di un organo societario (ancora il collegio sindacale) di un’impresa appartenente ad una delle compagini in gara configura, in potenza, un conflitto di interessi, in grado obiettivamente di ingenerare - anche in considerazione dei penetranti poteri di controllo e di informativa spettanti ai sindaci – un dubbio circa l’effettiva imparzialità dello svolgimento della procedura e, ancor prima, in ordine alla stessa attività amministrativa prodromica alla gara.
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