“Il segreto è segreto, anche se solo temporaneamente sottratto al diritto di accesso” . Cass. pen. sez. VI, 26 febbraio, 12 marzo 2009, n. 11001.

Con l'entrata in vigore della legge n. 241/1990 e l'introduzione del principio generale della trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione, la violazione del dovere di segretezza va correlato non tanto alla qualità del soggetto agente, quanto piuttosto alla natura delle notizie rivelate, e ciò perché assume primaria importanza anche l'esigenza di tutelare - con la sanzione penale - il dovere di fedeltà del funzionario, ancorché strumentalmente alla garanzia del buon funzionamento dell'amministrazione.
Il dovere di segretezza in capo al soggetto attivo costituisce il presupposto del reato e la notizia d'ufficio deve rimanere segreta tutte le volte che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio abbia l'obbligo giuridico di non rilevarla.
La nozione di “notizie di ufficio, le quali debbono rimanere segrete” assume non solo il significato di informazione sottratta alla divulgazione in ogni tempo e nei confronti di chiunque, ma anche quello di informazione, per la quale la diffusione (pur prevista in un momento successivo) sia vietata dalle norme sul diritto di accesso, nel momento in cui viene indebitamente diffusa, perché svelata a soggetti non titolari del diritto o senza il rispetto delle modalità previste
il divieto di divulgazione comprende non solo informazioni sottratte all'accesso, ma anche, nell'ambito delle notizie accessibili, quelle informazioni, che non possono essere date alle persone che non hanno il diritto di riceverle, nonché quelle svelate a soggetti non titolari del diritto di accesso o senza il rispetto delle modalità previste.

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