“Amor, ch’a nullo amato amar perdona”. Prime applicazioni giurisprudenziali del nuovo delitto di atti persecutori (c.d. stalking) previsto dall’art. 612 bis c.p. Tribunale di Napoli, sez. IV, ordinanza del 30.06.2009.
Perché sussista la fattispecie delittuosa degli atti persecutori introdotta dal d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, è necessario il ripetersi di una condotta di minaccia o di molestia. Le condotte, inoltre, debbono produrre l’effetto di provocare disagi psichici (un perdurante e grave stato di ansia o di paura) ovvero timore per la propria incolumità e quella delle persone care o ancora una alterazione delle proprie abitudini di vita.
Il quid pluris che caratterizza il reato in esame rispetto alle minacce ed alle molestie è costituito da due elementi:
a) la reiterazione delle condotte, sicché l’illecito può ascriversi nel novero dei reati abituali;
b) la produzione di un grave e perdurante stato di ansia o di paura o di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da una relazione affettiva o una alterazione, non voluta, delle proprie abitudini di vita. Si tratta, quindi, di un delitto di danno e di evento, sebbene la norma, richiedendo la determinazione di uno stato di ansia “grave” o di un “fondato” timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto sembra evocare una valutazione di idoneità ex ante della condotta.
Il dolo richiesto è generico e deve necessariamente ricomprendere anche la rappresentazione dell’evento quale conseguenza della reiterata abituale voluta dal suo autore.
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