Danno esistenziale e art. 104 Costituzione - Consiglio di Stato, sez. IV - sentenza 31 marzo 2009 n. 1899.

L’introduzione del principio della temporaneità degli incarichi direttivi dei magistrati, non esclude che i provvedimenti illegittimi dell’organo di autogoverno - in presenza di tutti i relativi presupposti - possano dare luogo ad un illecito e ad un danno risarcibile.
Quando un primo provvedimento sia stato annullato e a sua volta sia annullato l’atto emesso in sede di emanazione dei provvedimenti ulteriori previsti dall’art. 26 della legge n. 1034 del 1971, i presupposti per la responsabilità dell’Amministrazione possono essere ravvisati quando risulti che essa non abbia dato puntuale esecuzione al giudicato di annullamento che abbia con chiarezza precisato gli effetti conformativi per il successivo esercizio del potere.
L’art. 2059 del codice civile - anche nell’ambito dei rapporti di lavoro - consente la risarcibilità dei pregiudizi di tipo esistenziale non solo quando l’illecito costituisca reato o comporti la violazione di un diritto inviolabile della persona, ma in ogni caso in cui sia ravvisabile la lesione di un bene costituzionalmente protetto (come accade nel caso del diritto del magistrato all’esercizio delle sue funzioni). Di tali pregiudizi conosce il giudice amministrativo, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva.
Anche con riferimento ai rapporti di pubblico impiego, il danno non patrimoniale è risarcibile quando l’illecito e la lesione riguardino beni costituzionalmente protetti, tra cui rientrano le prerogative dei magistrati e del loro status nell’esercizio delle loro funzioni; per la liquidazione del danno si può tenere conto della incidenza dell’illecito sul sereno svolgimento delle funzioni da parte del magistrato e delle conseguenze di tipo esistenziale derivanti dal mancato conferimento di un incarico previsto dalla legge.
Va accolta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale subito da un magistrato per l’attribuzione dell’incarico al quale aveva diritto ad altro soggetto, ove si possano ragionevolmente ritenere effettivamente verificati e provati gli stress e i patemi d’animo conseguenti allo scavalcamento (nella specie disposto con un atto discostatosi dal giudicato), e allo svolgimento dell’incarico da parte del collega all’interno del medesimo ufficio.

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