Limiti al diritto di cronaca e natura giuridica del reato di cui all’art. 57 c.p. Cassazione penale – Sez. V, sentenza 14 novembre 2007, n. 42067.

Il diritto di cronaca può essere esercitato, quando ne possa derivare lesione all'altrui reputazione, prestigio o decoro, soltanto qualora vengano dal cronista rispettate le seguenti condizioni: a) che la notizie pubblicata sia vera; b) che esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti riferiti in relazione alla loro attualità ed utilità sociale; c) che l'informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obbiettività.
Il diritto di cronaca non esime dunque di per sé dal rispetto dell'altrui reputazione e riservatezza, ma giustifica intromissioni nella sfera privata dei cittadini solo quando possano contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività.
È vero che anche le vicende private di persone impegnate nella vita politica o sociale possono risultare di interesse pubblico, quando possano desumersene elementi di valutazione della personalità o della moralità di chi debba godere della fiducia dei cittadini. Ma non è certo la semplice curiosità del pubblico a poter giustificare la diffusione di notizie sulla vita privata altrui, perché è necessario che tali notizie rivestano oggettivamente interesse per la collettività.
Essendo indiscusso che l'art. 57 c.p. prevede una fattispecie di reato autonoma rispetto a quella della diffamazione, che ne costituisce l'evento, le circostanze aggravanti contestate per il delitto di diffamazione non sono riferibili anche al delitto previsto dall'art. 57 c.p., sebbene incidano sulla misura della pena irrogabile per tale reato.

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