Il danno biologico deve essere commisurato alla aspettativa di vita del soggetto leso effettiva o presunta? Corte di Cassazione – Sezione terza civile – sentenza 24 ottobre 2007, n. 22338.

1. L'età in tanto assume rilevanza ai fini della liquidazione del danno alla salute (lato sensu biologico) in quanto col crescere dell'età diminuisce l'aspettativa di vita, sicché è progressivamente inferiore il tempo per il quale il soggetto leso subirà le conseguenze non patrimoniali della lesione della sua integrità psicofisica.
Ne consegue che, quando invece la durata della vita futura cessa di essere un valore ancorato alla probabilità statistica e diventa un dato noto per essere il soggetto deceduto, allora il danno biologico (riconoscibile tutte le volte che la sopravvivenza sia durata per un tempo apprezzabile rispetto al momento delle lesioni) va correlato alla durata della vita effettiva, essendo lo stesso costituito dalle ripercussioni negative (di carattere non patrimoniale e diverse dalla mera sofferenza psichica) della permanente lesione della integrità psicofisica del soggetto leso per l'intera durata della sua vita residua. Durata che è normalmente presunta (da qui la considerazione dell'età e della relativa speranza di vita in caso di lesioni che non abbiano provocato la morte), ma che è invece nota se la morte sia sopravvenuta.

2. Non si può ritenere che una volta impugnata la sentenza in ordine alla liquidazione del danno biologico, è devoluta al giudice del gravame anche la statuizione relativa al danno morale, per essere stato lo stesso "manifestamente rapportato" alla metà del danno biologico.

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