Caso “Mannino-bis”: sul concorso esterno in associazione mafiosa – Corte di Cassazione, sez. VI penale, sentenza 25 febbraio 2010, n. 7651.

È configurabile il concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso nell’ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso [art. 416-ter c.p.], in forza del quale il personaggio politico, a fronte del richiesto appoggio dell’associazione nella competizione elettorale, s’impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio criminoso, pur senza essere organicamente inserito in esso, a condizione che:
a) gli impegni assunti dal politico, per l’affidabilità dei protagonisti dell’accordo, per i caratteri strutturali dell’associazione, per il contesto di riferimento e per la specificità dei contenuti, abbiano il carattere della serietà e della concretezza;
b) all’esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia causale risulti accertato, sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità, che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé ed a prescindere da successive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali.
Pertanto, la veste di concorrente “esterno” è assunta da chi, seppur non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’« affectio societatis » (che, quindi, non ne “fa parte”), fornisce nondimeno un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo. Deve tuttavia trattarsi di apporto che abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità operative dell'associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “Cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale) e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima.
(Nella fattispecie, detti requisiti sono stati considerati insussistenti circa la condotta dell’imputato, il quale pertanto è stato – per la seconda volta – prosciolto; il Supremo Collegio ha invero riscontrato, da un lato, l’indeterminatezza delle concrete linee dell’apporto dell’imputato; dall'altro, la idoneità ex ante del patto per il rafforzamento della struttura associativa).

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