“Colpa della vittima ed omissione terapeutica. Digressioni “stoiche” sulla causalità. Non sempre “chi è causa del suo mal deve piangere se stesso”. Cassazione Penale, Sez. IV, sentenza n. 9050 del 2009 depositata il 27 febbraio 2009.

Sussiste responsabilità penale del medico laddove il nesso eziologico tra omissione terapeutica ed evento non sia stato interrotto da cause eccezionali sopravvenute.
Il metodo di accertamento della causalità omissiva è da ricondurre allo schema della decisione delle Sezioni Unite "Franzese". Deve essere rimosso l'equivoco di una diversità di accertamento della causalità omissiva da quella commissiva. La sussistenza del nesso di causalità può essere affermata anche con ragionamento di deduzione logica se, fondandolo sulle "leges artis", si possa affermare che l’intervento doveroso avrebbe evitato il decesso del paziente in termini di "certezza processuale", ossia di alta credibilità razionale o probabilità logica.
Il decorso esiziale della patologia in atto (processo da prevedersi con l'uso della ordinaria diligenza, diligenza sempre richiesta ad un professionista specializzato), anche se aggravato dalle scelte della vittima, non elide né assorbe l’omissione terapeutica. In ogni caso la somministrazione della terapia salvifica (attività omessa dal sanitario) avrebbe potuto nel caso più pessimistico almeno ritardare l’evento letale.
La decisione della paziente di dimettersi contro il parere dei sanitari non interrompe dunque il nesso eziologico, bensì si addiziona all’omissione medico - terapeutica radicalizzandola.

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