La ricusazione del giudice amministrativo - Consiglio di Stato, sez. IV - ordinanza 28 maggio 2009 n. 3346.

E’ inammissibile una istanza di ricusazione proposta nei confronti del Consiglio di Stato in tutti i suoi componenti, e non già nei confronti di uno o più dei suoi componenti; ammettere infatti la possibilità di ricusare l’organo nel suo complesso, comporterebbe il rischio di un uso distorto dell’istituto, con la inevitabile paralisi dell’esercizio della funzione giurisdizionale, che verrebbe rimessa alla volontà di una delle parti.
La disciplina in materia di procedimento di ricusazione nel processo amministrativo prevista dagli articoli 47 e seguenti del R.D. n. 642 del 17 agosto 1907 ha natura di fonte legislativa primaria. L’articolo 47 del R.D. citato, infatti, dispone che solo quanto alle cause che danno luogo alla ricusazione sono applicabili nel giudizio amministrativo le specifiche disposizioni dettate dal codice di procedura civile in materia di astensione e ricusazione, mentre il procedimento da seguire è disegnato nello stesso R.D. n. 642 , il quale, in particolare, non prevede la sospensione del procedimento principale.
Ai sensi degli articoli 47 e seguenti del R.D. n. 642 del 17 agosto 1907, il giudice chiamato a decidere sulla questione di merito deve delibare preliminarmente se sussistono le condizioni cui la legge subordina l’operatività dell’istituto della ricusazione non solo per quel che concerne la regolarità formale dell’istanza, ma anche quanto alla verifica della sussistenza di una fattispecie tale da essere ricondotta nei limiti segnati dall’ordinamento per la sussistenza degli obblighi di astensione o delle cause di ricusazione.
E’ manifestamente infondata una istanza di ricusazione proposta facendo riferimento, quale elemento probatorio, solo alla sussistenza di normali ed ordinarie relazioni tra componenti dello stesso organo giurisdizionale che, pacificamente, non incidono sulla indipendenza e terzietà del giudice.

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