Mai tenere i “beni” in due scarpe: in caso di sequestro preventivo, e successiva confisca, tutto rientra nel calderone, a meno che non ti giustifichi …: nota a Corte di Cassazione, Sezione II penale, Sentenza 26 febbraio 2009 (dep. 10 marzo 2009) n. 10549.
Il sequestro preventivo e la successiva confisca dei beni patrimoniali prevista dall'art. 12-sexies d.l. n. 306/1992, n. 306 (convertito in l. n. 356/1992, n. 356) non sono subordinati all'accertamento di un nesso eziologico tra i reati tassativamente enunciati nella norma di riferimento ed i beni oggetto della cautela reale e del successivo provvedimento ablatorio: il legislatore, infatti, ha operato una presunzione di accumulazione, senza distinguere se tali beni siano o meno derivati dal reato per il quale si procede o è stata inflitta la condanna; ne consegue che non è necessaria la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra i beni e i reati ascritti agli imputati, bensì un vincolo pertinenziale, di significato peculiare e più ampio, tra il bene e l'attività delittuosa facente capo al soggetto, connotato dalla mancanza di giustificazione circa la legittima provenienza del patrimonio nel possesso del soggetto nei confronti del quale sia stata pronunciata condanna o sia stata disposta l'applicazione della pena. In tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Riesame o della Cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi.
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