Pubblico impiego: sul silenzio contrapposto dalla P.A. alla pretesa del dipendente, individuato per l’assegnazione di un incarico dirigenziale, deve pronunciarsi il giudice ordinario. Consiglio di Stato, Sez. V - sentenza 25 febbraio 2009, n. 1116.
L’istituto del silenzio-rifiuto offre al privato, titolare di una posizione di mero interesse legittimo, un particolare strumento processuale per contrastare direttamente l’inerzia dell’Amministrazione nell’emanazione di un provvedimento.
Come ormai noto, lo speciale ricorso avverso il silenzio-rifiuto, previsto dall’art. 21 bis della Legge n. 1034/71, non determina una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva o per materia del giudice amministrativo, pertanto, detto ricorso non è esperibile nel caso in cui il giudice amministrativo è privo di giurisdizione in ordine al rapporto sostanziale controverso.
Ciò posto, nell’ambito del rapporto di lavoro privatizzato, se il contestato silenzio della P.A. coinvolge non già l’assetto strutturale ed organizzativo dell’Amministrazione, ma solo la posizione del dipendente quale parte del rapporto di lavoro, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario. Dunque, la pretesa del dipendente al conferimento di un incarico dirigenziale, sia pur contrapposta al silenzio della P.A., poiché qualificabile come posizione connessa al suddetto rapporto di lavoro, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, così come previsto dall’art. 63 del D.Lgs. n. 165/2001.
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