Un connubio affascinante: natura giuridica della d.i.a. ed ammissibilità dell’azione di accertamento nel processo amministrativo. Cons. di Stato, Sez. VI – sentenza n. 9 febbraio 2009 n. 717.
Poiché a seguito della dichiarazione di inizio attività l’amministrazione verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti, e tale verifica, a differenza di quanto accade nel regime a previo atto amministrativo, non è finalizzata all’emanazione dell’atto amministrativo di consenso all’esercizio dell’attività, ma al controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato rispetto ai canoni normativi stabiliti per l’attività in questione, deve ritenersi che la d.i.a. è un atto di un soggetto privato e non di una pubblica amministrazione, che ne è invece destinataria, e non costituisce, pertanto, esplicazione di una potestà pubblicistica.
E’ ammissibile, da parte del terzo leso dagli effetti di una d.i.a., esperire un’azione di accertamento – ancorché atipica – della carenza dei presupposti per l’esercizio dell’attività oggetto di dichiarazione, e tale azione sarà sottoposta allo stesso termine di decadenza (di sessanta giorni) previsto per l’azione di annullamento che il terzo avrebbe potuto esperire se l’Amministrazione avesse adottato un permesso di costruire, non potendosi ritenere applicabile un diverso termine di natura prescrizionale in quanto l’azione, ancorché di accertamento, non è diretta alla tutela di un diritto soggettivo, ma di un interesse legittimo.
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