ATTIVITA’ PERICOLOSA - SPETTA AL DANNEGGIATO LA PROVA DELL’ESISTENZA DEL NESSO CAUSALE TRA LA PREDISPOSIZIONE ATTUATA E IL DANNO -Corte di Cassazione- Sezione Terza Civile, Sentenza del 13 febbraio 2009 n. 3528.
La pericolosità dell’attività esercitata deve essere valutata, quando ciò non è espresso dal legislatore, dal giudice di merito, in base alle concrete circostanze di fatto in cui si è venuta svolgendo, tenendo conto insieme della specifica capacità di chi è chiamato a svolgerla e della potenzialità di danno che essa comporta.
Pertanto, l’attività di organizzazione di una gara sportiva (attività pericolosa ex se) connotata secondo esperienza da elevata possibilità di incidenti dannosi per chi vi assiste e per gli atleti, è anch’essa da ritenere esercizio di attività pericolosa, anche nei confronti degli atleti stessi se li espone a conseguenze più gravi di quelle che possono essere prodotte dagli stessi errori degli atleti impegnati nella gara.
Il danneggiato deve provare l’esistenza del nesso causale tra l’attività pericolosa (predisposizione dei tavoloni di contenimento) e il danno, mentre incombe sull’esercente l’attività pericolosa (gli organizzatori) non solo l’onere di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno e che non siano state queste ad aumentare la pericolosità dell’attività, per cui se non fossero state predisposte in quel modo non avrebbero cagionato il danno ma anche, per liberarsi da responsabilità, che, una causa a lui non imputabile, ha reciso il nesso di causalità, cioè deve dimostrare che nella condotta da lui tenuta si è inserito un fattore esterno, in termini di fortuito (eccezionalità ed imprevedibiità).
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