Legittima la revoca di un assessore ove si fondi su valutazioni di opportunità politico amministrativa. Consiglio di Stato, Sez. V - sentenza 21 gennaio 2009 n. 280.

Secondo l’ordinamento degli enti locali (art. 50, co. 2, del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, che riproduce l’art. 36, co. 1, della legge 8 giugno n. 142 del 1990), il sindaco, quale rappresentante legale dell’ente locale, è l’organo che lo rappresenta in giudizio ed ha il potere di conferire la procura al difensore senza che occorra alcuno specifico mandato da parte della Giunta a mezzo della deliberazione di autorizzazione alla lite. Questa, d’altra parte, è condizione di efficacia e non requisito di validità della costituzione in giudizio dell’ente pubblico e, pertanto, può intervenire anche nel corso del processo - ma sempre prima che la causa passi in decisione - con effetto sanante delle eventuali irregolarità in precedenza verificatesi.
L’obbligo di motivazione del provvedimento di revoca può senz’altro ritenersi assolto ove la motivazione si fondi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al sindaco o presidente della provincia, attinenti ad esigenze sia di carattere generale (quali i rapporti con l’opposizione od i rapporti interni alla maggioranza consiliare), sia di carattere particolare (quali la necessità di maggiore operosità ed efficienza in specifici settori dell’ amministrazione locale o l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e singolo assessore), senza che occorra specificare i singoli comportamenti addebitati all’interessato; tanto avuto riguardo alla natura del procedimento, non tipico sanzionatorio bensì di revoca di un incarico fiduciario, insindacabile in sede di legittimità - se non sotto profili formali e di manifesta irragionevolezza od illogicità - stante l’anzidetta, ampia discrezionalità spettante al capo dell’amministrazione locale.

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