Riparazione per ingiusta detenzione: spetta anche all’imputato condannato. Cassazione Penale, Sezioni Unite, sentenza 29 gennaio 2009, n. 4187.

Sebbene l’art. 314, primo comma, del codice di procedura penale preveda che il fondamento della riparazione per ingiusta detenzione sia l’esistenza di una sentenza irrevocabile di assoluzione con una delle formule di rito ivi previste, per questioni di giustizia sostanziale, essa, invece, spetta anche al reo che sia stato prosciolto per altra causa, non di merito, o sia stato condannato, nella misura in cui la custodia cautelare in carcere sofferta sia superiore alla misura della pena comminata in via definitiva.
A prescindere dall’esito del giudizio, quindi, stabilito il diritto alla riparazione, spetterà al giudice la valutazione sul quantum debeatur, in relazione alla effettiva compromissione di uno dei  fondamentali valori della persona umana, la libertà. L’indennizzo varierà in relazione al sacrificio sopportato dal soggetto. Sarà da privilegiare l’innocente che abbia subito una ingiusta detenzione rispetto a chi, colpevole, abbia sopportato solamente una detenzione superiore rispetto alla pena definitiva, a causa del maggiore grado di sofferenza, senza dubbio, patito dal  primo.

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