Ordinanza di requisizione di beni: poteri del Sindaco ed aspetti risarcitori. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza n. 10 del 30 luglio 2007.
1. Il potere esercitato con l’ ordinanza di requisizione non trova fondamento nell’art. 38, comma 2, della l. n. 142/1990 (dal titolo “Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale”), non essendosi in presenza di alcuna delle ipotesi che consentono al sindaco, quale ufficiale del Governo, di adottare provvedimenti contingibili e urgenti; Il sindaco, infatti, può adottare provvedimenti di requisizione di beni privati per grave necessità pubblica - ai sensi dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E - solo se sono presenti eccezionali motivi di assoluta necessità e urgenza tali da non consentire l'intervento del prefetto. Il che non si verifica, come nella fattispecie per cui è causa, se le situazioni di carenza abitativa sussistono da diverso tempo, o qualora si voglia provvedere alla sistemazione di famiglie rimaste senza tetto in conseguenza di sfratto, o quando la situazione di emergenza sia rivolta a ovviare all'inerzia, protrattasi nel tempo, della stessa amministrazione pubblica; la quale, con la requisizione di alloggi, intende invece ovviare a endemiche carenze abitative.
2. La materia della requisizione non rientra nel novero di quelle dell’edilizia e dell’espropriazione devolute, ai sensi dell’art. 34 del d.lgs n. 80/1998, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. La requisizione è infatti un atto finalizzato all’acquisizione della momentanea disponibilità di un bene e non un atto ablatorio finalizzato per scopi urbanistici alla trasformazione del territorio con la realizzazione di un'opera pubblica.
3. Ciondimeno, ove nello stesso giudizio venga impugnato il provvedimento di requisizione (che stabiliva un’occupazione per dodici mesi) e richiesto il risarcimento del danno cagionato dal conseguente occupazione va affermata la giurisdizione amministrativa di legittimità anche con riguardo all’occupazione abusiva protrattasi successivamente allo spirare del termine stabilito. Il fatto illecito, infatti, si concretizza astrattamente e unitariamente in una situazione di abusiva occupazione che si verifica sin dal momento in cui il Comune, per effetto dell’ordinanza di requisizione, si è immesso nella detenzione dei beni e i danni conseguono pur sempre all’esercizio del potere. . La circostanza per cui la presente controversia ha a oggetto in via primaria la contestazione del provvedimento di requisizione, la differenzia da quella esaminata dalla Cassazione (civ., sez. un., 3 luglio 2006, n. 15203), la quale, con riferimento a una domanda di restituzione del terreno requisito e di risarcimento del danno per il protrarsi dell'occupazione, ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario ove, per la scadenza del termine stabilito dall'ordinanza di requisizione, essa sia divenuta inefficace; ma proprio perché il provvedimento di requisizione, non essendo stato impugnato, non era in contestazione e la controversia non aveva a oggetto atti o provvedimenti amministrativi.
4. Esigenze di concentrazione innanzi a un unico giudice dell’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica oltre che di effettività della tutela giurisdizionale (costituzionalmente garantite: artt. 24 e 111 della cost.), su cui si fonda l’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria (evidenziate da Corte cost. n. 191/2006 e da Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2005, n. 6745 e 22 luglio 1999, n. 500), inducono a non “spezzettare” la domanda risarcitoria - unica, fondata su medesimi presupposti e conseguente a fattispecie unitaria di illecito - attribuendola a due giudici diversi con riguardo solo a differenti periodi temporali. Diversamente opinando si penalizzerebbe il soggetto leso dal provvedimento limitativo, il quale dovrebbe adire il giudice amministrativo per conseguire l’annullamento dell’ordinanza di requisizione e i danni contestuali, nonché il giudice ordinario per chiedere il risarcimento conseguente alla successiva detenzione illecita.
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