Il reato di istigazione a delinquere al vaglio della Suprema Corte. Cassazione penale, sezione I, sentenza 16-31 ottobre 2008, n. 40684.

Ai fini della configurabilità del reato di istigazione a delinquere (art. 414 c.p.), occorre, dal punto di vista oggettìvo, che sia posta in essere in pubblico la propalazione di condotte che configurino precise azioni delittuose, con rappresentazione di azioni concrete che possano indurre altri alla commissione di tali fatti, dovendosi in proposito analizzare l'idoneità della condotta in relazione alla situazione concreta per verificare quale forza persuasiva e suggestiva potevano avere le frasi pronunciate ai fini istigatori della condotta. Mentre, dal punto di vista soggettivo, è richiesto il dolo generico consistente nella cosciente volontà di commettere il fatto in sé, con l'intenzione di istigare alla commissione concreta di uno o più delitti, essendo in proposito del tutto irrilevante il fine particolare perseguito o i motivi dell'agire. (Nella specie, la Corte ha annullato la sentenza che aveva prosciolto l'imputato, confondendo il dolo generico con i motivi dell'azione e, per l'effetto, ritenendo il difetto dell'elemento soggettivo per l'apprezzata finalità "politica" che aveva ispirato l'agente).

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