In tema di risarcimento danni derivanti da mobbing. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15 aprile 2008 n. 1739.
La risarcibilità del danno derivante da mobbing può essere rivendicata dal dipendente interessato in due modi: in via extra-contrattuale, a norma dell’art. 2043 cod. civ. (con conseguente giurisdizione dell’A.G.O.), ovvero in via contrattuale, tenuto conto dell’obbligo del datore di lavoro, riconducibile all’art. 2087 cod. civ., di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. In questo secondo caso sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo (ove si tratti di rapporto di p.i. non privatizzato), nella misura strettamente riconducibile ad un contesto di specifiche inadempienze agli obblighi del datore di lavoro.
Risulta necessario accertare la natura giuridica dell’azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto solo l’azione per responsabilità contrattuale è ritenuta rientrante nella cognizione del Giudice Amministrativo, mentre dovrebbe ritenersi di competenza del Giudice Ordinario l’azione proposta in via extra-contrattuale.
Quest’ultimo indirizzo appare più conforme alle linee-guida, che emergono dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, in quanto, la responsabilità extra-contrattuale per mobbing è riconducibile, sostanzialmente, a comportamenti vessatori dei superiori gerarchici o dei colleghi di lavoro del dipendente interessato, al di là dei limiti, che la Suprema Corte ha indicato quali parametri di rango costituzionale per la giurisdizione del Giudice Amministrativo, escludendo da tali parametri la categoria generalizzata dei "comportamenti" (al di fuori, deve ritenersi, della valutazione in via incidentale dei medesimi, ove riconducibili ad una lesione di interessi legittimi, o di diritti soggettivi sussistenti in una materia, che sia oggetto di giurisdizione esclusiva).
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