Sul diniego di accesso agli atti ed esperibilità del rimedio di cui all’art. 25 V co. L. 241/90. T.A. R. LAZIO, Sez. Terza Quater, sentenza 26 marzo 2008 n. 2599.
L’acquiescenza al silenzio diniego formatasi con riguardo ad una precedente istanza di accesso a documenti amministrativi non comporta l’inammissibilità della richiesta di annullamento del diniego di accesso avente ad oggetto una successiva istanza, laddove gli atti richiesti non coincidano tra loro.
In tema di accesso agli atti, l'interesse inteso come “diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata”, cui è fatto riferimento nel novellato art. 22, della L. n. 241 del 1990, non richiede anche l'attualità delle esigenze di tutela della situazione giuridica sottostante; atteso che l'attualità va pur sempre riferita all'interesse conoscitivo, laddove, per altro aspetto, la “corrispondenza” non può significare ovviamente sovrapposizione tra interesse conoscitivo e situazione giuridicamente tutelata, dovendo essere intesa nel senso della “correlazione” o “collegamento”
La parte interessata ad ottenere documentazione rilevante in un preesistente giudizio conserva la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto all’accesso con le modalità tipiche di cui all’art. 25, V c., della L. n. 241 del 1990, invece che, obbligatoriamente, con la procedura di cui all’art. 1, I c., della L. n. 205 del 2000, secondo cui 'in pendenza di un ricorso, l'impugnativa di cui all'art. 25 comma 5, della l. 7 agosto 1990 n. 241, può essere proposta con istanza presentata al presidente”, non potendo la facoltà connessa alla tutela del diritto soggettivo de quo essere soverchiata ed annullata dalle esigenze di economia processuale e concentrazione che costituiscono la ratio della disposizione da ultimo indicata.
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