Responsabilità penale del giornalista per le dichiarazioni dell’intervistato: la Cassazione si pronuncia in materia di limiti al diritto di cronaca durante le trasmissioni televisive “in diretta”. Cassazione penale, Sez. v penale, sentenza 23 gennaio 2008, n. 3597.
Quando si tratta di notizie date "in diretta" e provenienti da una fonte che non sia stata "filtrata" non solo non si può chiedere al giornalista di eseguire un (per quanto rapido) controllo prima di diffondere la notizia medesima, ma non si può neanche pretendere, da parte sua, qualsiasi attività di verifica sulla fondatezza della notizia che - al tempo stesso - viene fornita e diffusa. Poiché, in sintesi, il momento in cui il giornalista attinge dall'intervistato la notizia coincide (se si tratta di trasmissione "in diretta") con il momento in cui essa viene posta a disposizione dei telespettatori, non si vede come e quando l'intervistatore potrebbe vagliare la fondatezza della stessa.
Se al giornalista televisivo non può essere richiesta adeguata diligenza in vigilando, deve pur essere richiesta una qualche attenzione in eligendo, nel senso che, nella scelta del soggetto da intervistare, dovrà pur essere adottata una qualche cautela, che valga, sempre comunque entro i limiti del diritto-dovere di informare, a evitare di dare la parola a persone che prevedibilmente (es. per essere" stati in precedenza responsabili di performance diffamatorie) ne approfitteranno per commettere reati, non rispettando i limiti del diritto di cronaca o di critica.
Sussiste l'obbligo dell'intervistatore televisivo di intervenire - se possibile - nel corso dell'intervista, se si rende conto che il dichiarante sta eccedendo i limiti della continenza o sconfinando in settori di nessuna rilevanza sociale.
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