Sui limiti del giudizio di equità del giudice di pace; Cassazione – Sezione II civile – 21 gennaio 2008, n. 1260.
1. Il giudizio di equità non è non può essere un giudizio extra-giuridico, atteso che la sola funzione che alla giurisdizione di equità può riconoscersi, in un sistema caratterizzato dal principio di legalità a sua volta ancorato al principio di costituzionalità, nel quale la legge è dunque lo strumento principale di attuazione dei principi costituzionali, è quella di individuare l'eventuale regola di giudizio non scritta che, con riferimento al caso concreto, consenta una soluzione della controversia più adeguata alle caratteristiche specifiche della fattispecie concreta, alla stregua tuttavia dei medesimi principi cui si ispira la disciplina positiva: principi che non potrebbero essere posti in discussione dal giudicante, pena lo sconfinamento nell'arbitrio, attraverso una contrapposizione con le proprie categorie soggettive di equità e ragionevolezza.
2. Il rispetto dei principi informatori non vincola il giudice di pace all'osservanza di una regola ricavabile dal sistema ma costituisce unicamente un limite al giudizio di equità al fine di evitare qualsiasi sconfinamento nell'arbitrio.
3. La distinzione fra nudo proprietario ed usufruttuario opera nei rapporti interni ma non ha alcuna incidenza in ordine all’esperibilità dell'azione aquiliana nei confronti del terzo.
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