Sulla natura dell'atto di revoca di un consigliere RAI. T.A.R. Lazio, Roma, sezione III ter, sentenza 16 novembre 2007 n. 11271.
L’art. 31, T.U. 1054/24, nel sottrarre gli atti di natura politica al sindacato giurisdizionale, introduce, in applicazione dell’art. 113 Cost., un’ipotesi di carattere eccezionale, e come tale va interpretata con estremo rigore, di modo che, perché un atto si possa considerare politico, devono contestualmente ricorrere entrambi i presupposti: della provenienza dell’atto o provvedimento dal Governo e dell’esercizio di potere per sua natura politico. Per quanto riguarda la fattispecie esaminata, la direttiva impartita dal Ministero dell’economia e delle finanze al C.d.A. della R.A.I. s.p.a., volta a provocare la revoca di uno dei suoi consiglieri, non può ritenersi atto di natura politica, ma al più atto di alta amministrazione, e come tale sindacabile dal g.a. Si tratta, infatti, di uno strumento di chiara natura amministrativa, in ragione del rapporto concessorio che lega il predetto Ministero alla R.A.I., nell’ambito del quale va riconosciuta al concedente la possibilità di procedere alla revoca della concessione, come anche della nomina di un soggetto incaricato insieme ad altri del suo esercizio, se finalizzata a rimuovere, nell’interesse generale, un intollerabile ostacolo al corretto funzionamento del servizio stesso. In sostanza, l’organo pubblico, ex lege autorizzato a conferire un incarico, può sempre motivatamente revocarlo adducendo fatti che ragionevolmente giustifichino il venir meno della fiducia, salvo che detta possibilità non sia esclusa esplicitamente dalla norma attributiva del potere di nomina, che nell’ipotesi in questione manca. Ciò nonostante, la revoca di un consigliere R.A.I., disposta su iniziativa del Ministero dell’economia e delle finanze, deve ritenersi illegittima, per sviamento di potere, se utilizzata per scopi estranei alle regole di buona e trasparente amministrazione della cosa pubblica, ossia nell’interesse di un determinato schieramento politico (circostanza questa verificatasi secondo i giudici nel caso di specie, essendo stato riconosciuto che l’asserita disfunzione del C.d.A. R.A.I., peraltro per nulla addebitabile al consigliere di cui si chiedeva la revoca, per esplicita affermazione del ministro stesso, costituiva viceversa un pretesto al fine di precostituire viceversa le condizioni per realizzare una nuova maggioranza, di diverso colore politico, all’interno del predetto consiglio di amministrazione).
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