Ignoranza inevitabile ed error aetatis: nel dubbio sull'età del partner occorre astenersi dal rapporto sessuale. Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 2007, n. 322.
1. Il principio di personalità della responsabilità penale, sancito dall'art. 27, primo comma, Cost., non si esaurisce nel mero divieto della responsabilità per fatto altrui, ma va inteso, come principio della responsabilità per fatto proprio colpevole: postulando, quindi, un “coefficiente di partecipazione psichica” del soggetto al fatto, rappresentato quanto meno dalla colpa «in relazione agli elementi più significativi della fattispecie tipica».
2. In materia di reati sessuali, con riguardo all'art. 609 sexies c.p. , il giudizio di inevitabilità postula, in chi si accinga al compimento di atti sessuali con un soggetto che appare di giovane età, un “impegno” conoscitivo proporzionale alla pregnanza dei valori in giuoco, il quale non può certo esaurirsi nel mero affidamento nelle dichiarazioni del minore: dichiarazioni che, secondo la comune esperienza, possono bene risultare mendaci, specie nel particolare contesto considerato. E ciò fermo restando, ovviamente, che qualora gli strumenti conoscitivi e di apprezzamento di cui il soggetto attivo dispone lascino residuare il dubbio circa l'effettiva età – maggiore o minore dei quattordici anni – del partner, detto soggetto, al fine di non incorrere in responsabilità penali, deve necessariamente astenersi dal rapporto sessuale: giacché operare in situazione di dubbio circa un elemento costitutivo dell'illecito (o un presupposto del fatto) – lungi dall'integrare una ipotesi di ignoranza inevitabile – equivale ad un atteggiamento psicologico di colpa, se non, addirittura, di cosiddetto dolo eventuale.
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