La colpa professionale nelle prestazioni sanitarie. Responsabilità della casa di cura, dell’équipe, e del medico, avvolte in un unico destino – Cass., sez. III Civ., sent. 1 febbraio 2011, n. 2334
La responsabilità del medico in ordine al danno subito dal paziente presuppone la violazione dei doveri inerenti allo svolgimento della professione, tra cui il dovere di diligenza da valutarsi in riferimento alla natura della specifica attività esercitata; tale diligenza non è quella del buon padre di famiglia ma quella del debitore qualificato ai sensi dell'art. 1176, secondo comma cod. civ. che comporta il rispetto degli accorgimenti e delle regole tecniche obbiettivamente connesse all'esercizio della professione e ricomprende pertanto anche la perizia; la limitazione di responsabilità alle ipotesi di dolo e colpa grave di cui all'art. 2236, secondo comma cod. civ. non ricorre con riferimento ai danni causati per negligenza o imperizia ma soltanto per i casi implicanti risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà che trascendono la preparazione media o non ancora sufficientemente studiati dalla scienza medica; quanto all'onere probatorio, spetta al medico provare che il caso era di particolare difficoltà e al paziente quali siano state le modalità di esecuzione inidonee ovvero a questi spetta provare che l'intervento era di facile esecuzione e al medico che l'insuccesso non è dipeso da suo difetto di diligenza. Peraltro, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
Se l'equipe medica che affianca e assiste una partoriente nella nascita di un bambino è negligente sia prima che dopo il parto, la responsabilità è imputabile alla Casa di Cura. Ma, in caso di danni al neonato, ne risponde anche il medico ginecologo se, in riferimento alle evenienze del parto, abbia indirizzato la partoriente presso una Clinica priva delle necessarie attrezzature ovvero abbia ritardato colpevolmente l'intervento cesareo opportuno dopo l'esito di adeguato esame che avrebbe invece consigliato l'immediato ricovero.
Nel caso di giudizio instaurato dal soggetto danneggiato nei confronti di uno (o solo di alcuni), e non di tutti i corresponsabili dell'evento lesivo, nessuna violazione del principio del contraddittorio può dirsi consumata, alla luce della regola generale, dettata in tema di solidarietà passiva, secondo la quale non sussiste alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario per il soddisfacimento giudiziale di tale tipo di obbligazioni, e non v'ha, del pari, obbligo, per il danneggiato, di evocare in giudizio tutti i responsabili (fermo restando il diritto di costoro di esercitare, nello stesso giudizio, il diritto di regresso nei confronti di altri soggetti non evocati dall'attore), regola che incontra una deroga nel solo caso della sussistenza di una responsabilità, in capo ad uno dei danneggianti, che dipenda dalla responsabilità di altro (o altri) codanneggiante.
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