Il ricatto affettivo può dar luogo all’estorsione. Cassazione penale, sez. II, sentenza 24 ottobre 2007, n.35484
L'amicizia e l'affetto in quanto tali, o anche l'affiliazione a un gruppo amicale, non sono di per sé suscettibili di autonomo rilevo giuridico, né di valutazione economica, ma nella struttura della minaccia estorsiva essi non vengono in rilievo per la loro autonoma essenza, bensì per le conseguenze derivanti alla vittima dalla revoca che l'agente prospetta in funzione dell'ottenimento del profitto non dovuto. Pertanto, se ordinariamente la cessazione di un vincolo amicale o affettivo non può avere alcun risvolto penale, non possono escludersi in assoluto casi in cui quella cessazione può integrare estorsione per la concomitante presenza di due fattori: la particolare condizione della persona offesa che da quella cessazione possa subire conseguenze deteriori del tutto esorbitanti dal dolore normalmente collegato all'abbandono e al tradimento, e la consapevole strumentalizzazione di tale condizione di debolezza da parte dell'agente per ottenere, attraverso la sapiente prospettazione dell'abbandono, vantaggi indebiti che non avrebbe potuto altrimenti conseguire.
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