Risoluzione di diritto: la misteriosa disponibilità dell’effetto risolutorio nella diffida ad adempiere. Corte di Cassazione – Sezione III civile – sentenza 8 novembre 2007, n. 23315.
1. La diffida ad adempiere è stabilita nell'interesse della parte adempiente e non costituisce un obbligo, bensì una facoltà che si esprime "a priori" nella libertà di scegliere questo mezzo di risoluzione del contratto a preferenza di altri ed "a posteriori" nella possibilità di rinunciare agli effetti risolutori già prodottisi. Essa ha lo scopo di realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che si ricollegano alla detta clausola e, cioè, la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine che ha carattere essenziale nell'interesse della parte adempiente, alla quale è rimessa la valutazione della convenienza di farne valere la decorrenza. Tale risoluzione si produce di diritto indipendentemente dalla volontà dell'intimato, rimanendone tuttavia gli effetti nella disponibilità dell'intimante che può successivamente rinunciare ad avvalersene.
2. La diffida ad adempiere, che ha natura negoziale, non può produrre effetti contro ed oltre la volontà del suo autore il quale può sempre rinunciare ad avvalersi della risoluzione già verificatasi per l'inutile decorso del termine fissato nella diffida, ripristinando l'obbligazione rimasta inadempiuta. Da ciò consegue la necessità della domanda dell'intimante perché il giudice possa dichiarare la risoluzione e la conferma che lo stesso intimante invece di avvalersi dell'effetto risolutorio può ricorrere ad altri mezzi di tutela.
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