Computo del risarcimento del danno da occupazione acquisitiva. Corte Costituzionale Sentenza n. 349 del 24.10.2007.

La temporaneità del criterio di computo stabilito dall' art. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 , le congiunturali esigenze finanziarie che la sorreggono e l'astratta ammissibilità di una regola risarcitoria non ispirata al principio della integralità della riparazione del danno non costituiscono elementi sufficienti a far ritenere che, nel quadro dei princìpi costituzionali, la disposizione censurata realizzi un ragionevole componimento degli interessi a confronto, tale da contrastare utilmente la rilevanza della normativa CEDU. Questa è coerente con l'esigenza di garantire la legalità dell'azione amministrativa ed il principio di responsabilità dei pubblici dipendenti per i danni arrecati al privato. Per converso, alla luce delle conferenti norme costituzionali, principalmente dell'art. 42, non si può fare a meno di concludere che il giusto equilibrio tra interesse pubblico ed interesse privato non può ritenersi soddisfatto da una disciplina che permette alla pubblica amministrazione di acquisire un bene in difformità dallo schema legale e di conservare l'opera pubblica realizzata, senza che almeno il danno cagionato, corrispondente al valore di mercato del bene, sia integralmente risarcito. Pertanto  l'art. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 359 del 1992, introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge n. 662 del 1996, non prevedendo un ristoro integrale del danno subito per effetto dell'occupazione acquisitiva da parte della pubblica amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato, è in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU e per ciò stesso viola l'art. 117, primo comma, della Costituzione.

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