Pedopornografia: materiale scambiato in un semplice rapporto a due non esclude la divulgazione se c’è attività di condivisione di software informatico (file sharing)- Corte di Cassazione, sez. III penale-sentenza 16 giugno 2009, n. 24788.
Perché ricorra il reato di cui all’art. 600 ter 3° co. c.p. è necessaria la sussistenza dell’elemento della “divulgazione” ossia il “rendere noto a tutti” in maniera più generalizzata il materiale pornografico. Qualora un soggetto ritenga di aver indirizzato messaggi e foto ad un unico utente, l’elemento della “divulgazione”, necessario ai fini della configurabilità del reato de quo, non è da escludere se vi è stata - tenuto conto degli “elementi sintomatici della condotta”- un’attività di file sharing, vale a dire di condivisione di software informatico dal contenuto pedopornografico.
Elementi sintomatici della condotta dei quali il giudice deve tenere conto sono l'esistenza di una struttura organizzativa anche rudimentale atta a corrispondere alle esigenze di mercato dei pedofili, il collegamento dell'agente con soggetti pedofili potenziali destinatari del materiale pornografico, la disponibilità materiale di strumenti tecnici di riproduzione e/o trasmissione anche telematica idonei a diffondere il materiale pornografico in cerchie più o meno vaste di destinatari, l'utilizzo contemporaneo o differito nel tempo di più minori per la riproduzione di materiale pornografico.
Ai fini della declaratoria di responsabilità, si può tener conto di dichiarazioni auto accusatorie rilasciate dall'imputato in ambito extra processuale, sempre che, ovviamente esse presentino una attendibilità intrinseca e siano corroborate da altri elementi di riscontro
Attenzione!
Per leggere la sentenza intera e la nota d'autore occorre essere un utente registrato.