Cause di esclusione. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12 giugno 2009 n. 3773

L’art. 38 del codice dei contratti (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163) ripropone per molti tratti la disciplina previgente sulle cause di esclusione dalle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (artt. 75, d.P.R. n. 544 del 1999 e 17, d.P.R. n. 34 del 2000), prevedendo una normativa unitaria valevole ora indistintamente per tutti gli appalti di lavori, servizi e forniture.
Nella parte relativa agli illeciti penali incidenti sulla moralità professionale dei concorrenti (art. 38, co.1, lett. c), si è cercato di ovviare alle lacune riscontrate in passato legate alla mancata predeterminazione dei tipi di reato e quindi ad un’eccessiva discrezionalità rimessa alla stazione appaltante nell’apprezzare il disvalore dei singoli episodi.
Innanzi tutto le tipologie di fattispecie criminose (partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio), sono individuate e definite dall’art. 45 della direttiva Ce n. 2004/18 e non dal codice penale italiano, che sono comunque causa di esclusione precludendo quindi una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante. La ragione di questa tecnica si spiega in considerazione della circostanza che alle gare comunitarie partecipano anche operatori non italiani, sicché il tipo di reati va individuato non solo con riferimento all’ordinamento italiano.
In giurisprudenza, in passato, sono state esattamente ritenute ostative della partecipazione alle gare le condotte per bancarotta fraudolenta, turbata libertà degli incanti, falsità in atto pubblico, reati contro la pubblica amministrazione.
Contribuisce, sul piano sistematico, a selezionare i reati che la stazione appaltante può legittimamente porre a base del provvedimento di esclusione, la norma sancita dalla lett. e) del medesimo comma, nella parte in cui si riferisce a <<gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza .. dai rapporti di lavoro…>>

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