Sulla prescrizione del diritto al risarcimento dei danni per tardiva trasposizione di una direttiva comunitaria. Cassazione, Sez. Lav., sentenza del 3 giugno 2009, n. 12814.
In caso di tardiva trasposizione di una direttiva non immediatamente applicabile (poiché carente in ordine alla «specificità» della prestazione richiesta) è esercitabile unicamente l’azione di risarcimento del danno aquiliano, consistendo l’illecito giustappunto nell’omessa o ritardata attuazione della direttiva.
Trattandosi di azione di risarcimento del danno, la prescrizione è quinquennale ed inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Tale momento non coincide tuttavia con l'emanazione della direttiva, né con il termine assegnato agli stati per la trasposizione della fonte comunitaria nel diritto interno; esso deve invece individuarsi nel momento in cui entra in vigore la normativa «interna» di attuazione della direttiva europea: è questo il momento in cui il soggetto può far valere il diritto al risarcimento del danno, poiché è solo in siffatto contesto che egli è posto in condizione di conoscere il contenuto esatto del diritto attribuitogli, nonché i limiti temporali della relativa corresponsione. In altri termini, posto che è solo con l’intervento del D.Lgs. 257 del 1991 che l soggetti interessati sono stati posti in grado di conoscere l'esatto ammontare dei compensi stabiliti, il soggetto tenuto ad erogarli e la non retroattività della corresponsione, è solo a quel momento che questi saranno in grado di esercitare il relativo diritto al risarcimento del danno.
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