Ancora una pronuncia sui presupposti di legittimità dell'in house. CGA - Sezione Giurisdizionale - Sentenza 4 settembre 2007, n. 719.

 
1. Perché possa farsi luogo ad un affidamento diretto c.d. in house devono ricorrere le seguenti condizioni: la totale proprietà delle azioni, o comunque del capitale, da parte del soggetto pubblico; il controllo totale della volontà formale della persona giuridica attraverso l’espressione degli amministratori; la sussistenza di un controllo specifico non solo sulle procedure formali di manifestazioni di volontà (contratti), ma anche sulle politiche aziendali, per garantire che esse non si evolvano in direzione contraria o comunque diversa dai semplici e stringenti bisogni tecnici dell’azionista. E’ quello che, in sostanza, definiamo “controllo analogo”; l’esclusività dell’attività a favore dei soggetti pubblici (uno o più non rileva) che l’hanno costituita o che ne sono proprietari.
 
2. Essenziali, ai fini del controllo analogo, sono: a) il possesso dell’intero capitale azionario (che tuttavia da solo è condizione necessaria, ma non sufficiente a determinare il controllo analogo: b) il controllo del bilancio; c) il controllo sulla qualità della amministrazione; d) la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti, sino a giungere al potere del controllante di visitare i luoghi di produzione; e) la totale dipendenza dell’affidatario diretto in tema di strategie e politiche aziendali.
 
3. Lo statuto dell’affidatario diretto non deve prevedere la cessione, anche solo di parte, del capitale azionario a futuri soci privati.
 
4. Il giudizio circa la sussistenza del requisito funzionale costituito dallo svolgimento della prevalente attività dell’ente controllato in favore o per conto dell’ente pubblico controllante deve essere espresso secondo parametri di eccezionale ristrettezza quantitativa e qualitativa.
 
5. Le suddette condizioni non escludono l’autonomia gestionale ed operativa della impresa, allo stesso modo in cui nel caso di socio unico di una società privata, questi orienta secondo la sua indiscutibile ed insindacabile volontà la politica dell’impresa posseduta, ma questa attua gli indirizzi attraverso la professionalità e le scelte operative autonome dei suoi dirigenti ed impiegati. Allo stesso tempo, però, la volontà del socio unico è, in questo particolare caso, regolamentata dal diritto europeo nel senso che gli è del tutto interdetto perseguire obiettivi e risultati imprenditoriali in concorrenza nel mercato pubblico o privato dei contratti.

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